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Quali sono le dimensioni ottimali dei singoli locali? Che accorgimenti devo adottare per ottimizzare il layout dello studio? Che dimensioni complessiva deve avere l’unità immobiliare? 

Troppo spesso, al momento di scegliere una location, ci troviamo in condizioni di “subire” compromessi spiacevoli in termini di spazi. I metri quadri non bastano mai.
È una situazione frustrante, che a volte ci obbliga a scartare delle unità immobiliari che, invece, opportunamente analizzate, potrebbero rivelarsi idonee.

Questo ci porta a interpellare un tecnico esperto della materia, sin dal momento della scelta della location, in modo che vi sappia consigliare in anticipo in merito a quali locali potranno essere ricavati per mezzo di una sapiente ristrutturazione.

Ovviamente un tecnico, per poter redigere un progetto corretto, dovrà conoscere esattamente alcuni specifici dati: le caratteristiche operative ed ergonomiche del lavoro che dovrà essere svolto all’interno dei singoli locali; le abitudini e le aspettative di previsione futura del medico; i regolamenti edilizi e igienico/sanitari del comune in cui si trova l’immobile.

Partiamo dal fondo: i regolamenti edilizi.
Ogni comune è dotato di un regolamento edilizio, alcune volte integrato da un regolamento di igiene. Ove quest’ultimo non sia presente si fa riferimento al regolamento di igiene della regione d’appartenenza.

Nel regolamento viene normata la dimensione dei locali, solitamente suddividendoli in “locali con permanenza di persone” “locali con permanenza saltuaria” e “locali accessori”. Ovviamente la terminologia può variare da comune a comune, ma il senso della classificazione può essere generalizzato.

I locali con permanenza sono quegli ambienti in cui viene svolta la funzione di lavoro in modo continuativo (ad esempio sale operative, uffici amministrativi, eccetera) e i locali destinati all’attesa dei pazienti. Questi ultimi locali, a differenza dei precedenti, non essendo classificati come ambienti di lavoro, possono avere la caratteristica di essere senza finestre, ovvero senza illuminazione naturale, a condizione che vi sia un impianto di ricambio d’aria a norma.

I locali con permanenza saltuaria sono quegli ambienti destinati a funzioni non continuative, quali sterilizzazione, sala ritocchi, sale raggi, eccetera.
I locali accessori sono invece tutti i locali di servizio, quali spogliatoi, bagni, depositi, eccetera.

Per ognuna di queste categorie esistono dei dimensionamenti minimi indicati dai regolamenti, e a volte ulteriormente prescritti dalle rispettive ASL.

Le dimensioni degli ambienti di lavoro

Il dimensionamento dei locali di lavoro mediamente viene indicato in una misura variabile tra gli 8 e i 12 mq, a seconda dei comuni. Si tratta di valori minimi da rispettare, adattandoli al rialzo nelle specifiche necessità della vostra attività.

Ovviamente, nel caso di uno studio odontoiatrico, il corretto dimensionamento della sala operativa segue un differente principio ovvero ciò che circonda funzionalmente la poltrona.
Proviamo analizzare tali requisiti.

Una volta la sala operativa veniva banalmente generalizzata in un dimensionamento di 3×3 mq. In realtà tale misura è assolutamente scorretta, in quanto indica una forma geometrica quadrata in cui inserire un oggetto stretto e lungo, quale la poltrona.
Per definire al meglio le misure necessarie proviamo a seguire questo principio:
un paziente sdraiato occupa in lunghezza circa 190 cm.

Ai piedi della poltrona dobbiamo garantire il passaggio dell’assistente, dunque bisogna aggiungere 50/60 cm.
Alla testa della poltrona probabilmente posizioneremo una linea di mobili o di servomobili (profondità 50 cm), e tra la testa del paziente completamente reclinata e il piano di lavoro dei mobili dobbiamo sederci, quando si opera a ore 12. Lo spazio necessario è una misura soggettiva, da provare sul posto, ma che mediamente viene dimensionata in 60/70 cm. Una misura minore non vi permetterebbe di operare in modo corretto, mentre una misura maggiore vi obbligherebbe a stancanti “scarrellamenti” della sedia per raggiungere gli strumenti posizionati sul piano di lavoro alle spalle.

Nel senso trasversale partiamo dalla larghezza della poltrona, comprensiva di gruppo idrico, mediamente quotabile in 85 cm. Dal lato sinistro lasciamo i canonici 60 cm per il passaggio dell’assistente, e per la manutenzione della poltrona, mentre dal lato destro sarà sufficiente avere a disposizione un metro di spazio, se non vi sono mobili su questa parete. Se posizionerete alla vostra destra degli arredi (mobili o fissi), dedicate uno spazio di almeno 80 cm tra la poltrona e il mobile (o il piano di lavoro), cui aggiungere i 50 cm della profondità di quest’ultimo.

Tirando le somme abbiamo definito un rettangolo di 370 x 270 cm.
Questa è una indicazione “standard”, da adattare al meglio sulle proprie abitudini. Nel caso ci fosse la disponibilità di spazi maggiori, per non influire sulle dimensioni ergonomiche sopra citate, si avrà la possibilità di lasciare più spazio ai piedi e al lato sinistro della poltrona.

Poi vi può essere una variabile dettata dalla specializzazione del lavoro svolto: una sala chirurgica, ad esempio, necessiterà di spazio maggiore per la presenza di colleghi, anestesisti o comunque eventuali carrelli aggiuntivi, mentre una sala preposta all’igiene orale, operando mediamente senza assistente e con meno strumentario, potrà necessitare di spazi minori.

La sala d’attesa

Lo spazio destinato ad ospitare il paziente in attesa è un ambiente che ha sicuramente subito negli ultimi anni una notevole evoluzione. La modifica più eclatante è stata dettata dal Covid: la necessità di diradare le sedute ha rivoluzionato l’uso di questo locale. Le precauzioni adottate per contrastare la diffusione del Covid suggeriscono di cercare di non far attendere pazienti in sala, scaglionando meglio gli appuntamenti. E credo che questa sarà una abitudine che ci porteremo dietro anche in futuro. Covid o no, saremo portati a modificare le nostre abitudini di comportamento. Di conseguenza in sede di progetto si potrà dedicare uno spazio dedicato all’attesa più ridotto rispetto a quanto richiesto fino a qualche anno fa.

Sarà opportuno comunque prevedere un distanziamento tra le sedute che mantenga quella distanza di rispetto che risulta gradevole tra estranei, per non creare l’imbarazzante “effetto ascensore”.

Fanno eccezione gli studi che si occupano di odontoiatria infantile, nei quali la presenza dei piccoli pazienti e dei relativi accompagnatori richiederà un numero maggiore di sedute.
E ovviamente, spazio permettendo, sarà molto utile per tenere tranquilli i bambini dedicare qualche metro ad una piccola area a loro dedicata, con qualche gioco o schermo per trasmettere cartoni animati.

La sala di sterilizzazione

Un altro locale difficile da dimensionare in modo standard è la sala di sterilizzazione.
Qui vige la massima personalizzazione. Infatti, esistono studi nei quali viene richiesto uno spazio molto ampio e attrezzato, mentre in altri tale spazio viene ridotto all’osso: se ben organizzato anche un ambiente ridotto potrebbe essere funzionale al servizio che deve svolgere, ma va molto ben calcolato il volume di lavoro e le modalità operative in relazione alla dimensione globale dello studio.

L’importante è poter gestire un corretto percorso sporco-pulito dello strumentario, creando piani di appoggio per i tray in arrivo, e adeguato spazio per gestire lo strumentario imbustato all’uscita dell’autoclave. Sembra banale ma sono due aree di lavoro che spesso vengono sottovalutate nel progetto di questo locale.

Gli ambienti accessori

Per tutti gli altri ambienti non esistono regole precise, ad eccezione di alcune misure minime richieste dalle ASL.

Ad esempio, per gli spogliatoi potrebbe essere richiesta una misura minima di 1/1.5 mq per addetto, o per i servizi igienici il regolamento edilizio potrebbe prescrivere una metratura minima.

Il bagno destinato ai portatori di handicap poi ha le sue precise regole di dimensionamento.