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A seguito di un contatto del Dott. Ghiselli abbiamo recentemente appreso che uno dei nostri riuniti è in uso presso la Base Italo-Francese Concordia situata in Antartide.

La notizia ci ha reso davvero entusiasti e ha suscitato la nostra curiosità così abbiamo deciso di scoprire maggiori dettagli riguardo la missione della base Concordia realizzando un’intervista al Dott. Ghiselli.

Cosa ci può raccontare del progetto a cui sta partecipando?

L’esperienza che sto vivendo fa parte di un più ampio programma di ricerche: stiamo parlando della spedizione Italiana in Antartide a Concordia. Tutto questo rientra nel Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), finanziato dal MIUR (Ministero dell’Università e Ricerca) e coordinato dall’ENEA (Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) per quanto riguarda l’organizzazione logistica e l’attuazione delle spedizioni, e dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) per il coordinamento scientifico dei progetti.

L’Italia ha due basi in Antartide: la Base Mario Zucchelli (che si affaccia sulla Baia di Terra Nova) è una stazione aperta solo nel periodo dell’estate australe (Novembre-Febbraio) e la Base Concordia, che invece è aperta tutto l’anno ed è situata sul plateau antartico a circa 1200 km dalla costa, a un’altitudine di 3300 metri sul livello del mare, altitudine dettata unicamente dallo spessore di ghiaccio al di sotto della base. Concordia è una stazione Italo-Francese caratterizzata da osservatori permanenti, gestiti, per la parte italiana, da personale scientifico afferente in massima parte al CNR, che si occupa di Magnetismo, Sismologia, Meteorologia, Meteorologia spaziale, Glaciologia, Astronomia etc.

Base Concordia in Antartide – P. Nicklen ©PNRA/IPEV

Rispetto alle sue molteplici esperienze lavorative in cosa questa si è distinta?

Dal punto di vista professionale sicuramente il tratto distintivo più importante a Concordia è il totale isolamento della base che inizia a metà Febbraio e termina a inizio Novembre. In questo periodo infatti, è praticamente impossibile ricevere una qualunque forma di aiuto dall’esterno, o pensare di portare via un paziente. Le condizioni climatiche con temperature che possono superare i 90 gradi sotto zero, i venti e l’oscurità costante nel periodo Maggio-Agosto, rendono non utilizzabili i mezzi a motore o comunque meccanici, aerei compresi. Questo implica che l’autonomia professionale deve espandersi al di là delle normali competenze che ogni medico sviluppa nel corso della sua carriera, e prepararsi su “terreni” non usuali, come eseguire esami di laboratorio, radiografie, cure dentali ecc. Quindi la cosa più caratteristica del lavoro da svolgere qui, oltre alla quotidianità, deve essere la totale autonomia nell’affrontare le eventuali emergenze che possono presentarsi. Dal punto di vista umano è da sottolineare la prova di stare a stretto contatto con un gruppo limitato di persone per circa 9 mesi; nel periodo di isolamento, quello invernale, in base siamo solo in 13, con possibilità di uscite molto limitate a causa delle condizioni meteo che ho descritto prima.

Qual è il momento che vuole raccontarci che meglio riassume il suo lavoro alla base Concordia?

Per fortuna non c’è stato un episodio “critico”, l’attività al momento è andata dalle normali cure per problemi respiratori, alla piccola e media traumatologia degli arti (compresa la diagnostica radiologica), all’utilizzo del laboratorio per gli esami ematochimici, ad alcune sindromi legate all’adattamento alla quota e sicuramente a quei due – tre casi di assistenza odontoiatrica che si sono verificati fino ad ora.

Come quantificherebbe e in che misura ritiene importante il contributo dell’eccellenza italiana in questa missione?

Devo dire, e la cosa non mi ha sorpreso, che i ricercatori italiani sono stimati e riconosciuti da tutti gli altri ricercatori per i risultati ottenuti e la qualità delle ricerche svolte. Venire a fare ricerca in Antartide non è uno scherzo, e la determinazione, la volontà nel portare avanti gli studi a queste latitudini non è cosa da poco. Inoltre c’è da ricordare l’impegno profuso dal PNRA per tutta la parte logistica (e non solo) delle missioni; pensate solo cosa vuol dire garantire a chi deve restare in isolamento per 9 mesi cibo, energia, insomma tutto quello che serve per vivere e anche di più, dal momento che qui è previsto anche un piano di emergenza che ci consentirebbe di abbandonare la base per rifugiarci in un campo di emergenza, dove potremmo “tranquillamente” attendere l’arrivo di Novembre. Insomma lo sforzo è veramente notevole.

Base Concordia di Notte – B. Healey, ESA, ©PNRA/IPEV

Come mai la scelta del riunito per questa missione è ricaduta su Eurodent?

Ho girato la domanda al medico “storico” del Progetto Antartide, il Dott. Fabio Catalano, che offre la sua consulenza e segue le missioni dall’Italia.
“Nel lontano 2004, d’accordo con il partner francese, si è deciso di fornire la base Concordia di un’attrezzatura odontoiatrica adeguata per affrontare le possibili patologie odontostomatologiche. Si è cercato sul mercato un prodotto con un buon rapporto qualità-prezzo e, cosa importante per il luogo a cui era destinato, con relativamente scarsi servomeccanismi suscettibili di rottura, considerando il suo uso limitato solo a poche attività, sia dal punto di vista della tipologia dei problemi da trattare, sia del numero esiguo di possibili pazienti. Fino alla data odierna la poltrona odontoiatrica acquistata si è dimostrata idonea ad affrontare le problematiche che si sono presentate”. .

Da quanto tempo sta operando lì? Quanti interventi sono stati fatti?

Sono arrivato a Concordia il 17 Novembre 2018. Gli interventi fatti sono stati numerosi, circa 200, ma tenga presente che in estate la popolazione della base arriva fino a 80-85 persone, quindi il servizio sanitario ha più lavoro da svolgere. In inverno, inoltre, le attività esterne vengono ridotte al minimo a causa del buio e della temperatura. 

 

Da sempre EURODENT promuove valori quali la ricerca e l’innovazione e saperci parte, se pur piccola, di una missione ai confini più estremi del globo non fa che premiare il lavoro svolto negli anni.